Premessa

Il progetto Chopin mette in campo l’idea dell’occupazione lavorativa come percorso consigliabile e praticabile per le persone diversamente “disabili”, intendendo la disabilità come unica condizione normale della vita di un individuo, in quanto, considerando solo la mera parte funzionale, si nasce disabili quando si è neonati e bisognosi di tutto e di tutti, poi, nel corso della vita, si diventa meno disabili, ma mai totalmente “abili”, e ancora, in vecchiaia, si ridiventa maggiormente “disabili”.
L’idea del progetto lavorativo deriva da esigenze concrete di occupazione di giovani disabili in cerca di adeguata risposta sui propri territori di residenza.
Il lavoro rappresenta infatti, per la persona disabile adulta, un momento centrale della completa realizzazione di sè, ma al tempo stesso costituisce fonte di estrema problematicità in relazione alle scarse possibilità di effettiva integrazione nel sistema produttivo.
Se per la generalità degli individui la dimensione lavorativa rappresenta l’elemento di caratterizzazione della società adulta, nella realtà della disabilità risulta dominante una cultura di esclusione del diverso, che enfatizza ulteriormente le difficoltà della persona disabile.
Questo è ancora più vero per le persone adulte con autismo e disturbo generalizzato dello sviluppo in generale.
Nei casi per i quali il lavoro, cosi come usualmente inteso, non è ipotizzabile per la persona disabile, l’esperienza lavorativa assume valenza riabilitativa, di inclusione, di socializzazione, in grado di restituire dignità alla persona.
Le finalità del lavoro del resto possono essere molteplici: la produttività, l’apprendimento di nuove abilità, l’integrazione, la socializzazione ma, senza sconfinare nell’antropologia, il lavoro è pur sempre un bisogno: l’uomo “faber” costruisce e costruendo si afferma nel mondo.
L’uomo faber è abile perchè sa costruire, ma è anche disabile perchè può farlo con modalità diverse.
Titolo primo di accesso al progetto Chopin è la potenzialità al lavoro; la possibilità di essere “faber”.
Poiché il territorio delle abilità di ciascuno è segnato da un limite, al di fuori del quale si avvertono l’incapacità e il disorientamento, il Progetto Chopin affida la cura del percorso di ciascun utente alla supervisione del responsabile scientifico del progetto.
In questa ottica le proposte lavorative si rivolgeranno agli utenti a partire dalla loro storia evolutiva ed educativa; senza strappi o scollamenti rispetto alle loro reali capacità e potenzialità emergenti; rispetto alle loro aspettative di vita.
Il lavoro per gli utenti consisterà da un lato nel prepararsi a fronteggiare le abilità contenutistiche e relazionali occorrenti a produrre o vendere i prodotti floreali e di orticoltura, dall’altro nel produrre e vendere al pubblico i prodotti medesimi.
Ciascuno secondo le proprie abilità e sviluppando le proprie potenzialità e avendo bene in mente che non per tutti sarà possibile gestire processi produttivi completi; non per tutti sarà possibile afferire a mansioni di contatto col pubblico, ma avendo anche bene in mente che per tutti gli utenti il lavoro avrà i medesimi caratteri strutturali di occupazione per parte della giornata con retribuzione.
Il discorso retributivo andrà sviluppato, specificato e sistematizzato in sede di attuazione del Progetto.
Orienteranno le scelte educative principi di autonomia nella gestione del compito; di funzionalità e spendibilità degli apprendimenti nelle concrete situazioni di vita degli utenti, in modo da restituire alle loro vite di ogni giorno i doni della fatica di apprendere e lavorare.
Il coinvolgimento delle famiglie nelle scelte educative sarà elemento indispensabile di un percorso compiuto in comune tra gli operatori, gli utenti e i loro contesti di appartenenza.
Il Progetto Chopin ruota intorno all’idea che ogni persona ha bisogno di essere e sentirsi utile, di avere un ruolo adulto riconosciuto all’interno della società e della famiglia.
Partendo dalla premessa che ciascuno vuole fare parte di un sistema, come condizione di verifica di sè in rapporto agli altri, il progetto “Chopin” abbraccia l’idea che se è vero che la “buona qualità della vita” di una famiglia dipende dalla “buona qualità della vita” di ciascuno dei suoi membri, allora riuscire a creare una realtà associativa allargata che fornisce opportunità di lavoro ai propri congiunti è davvero la forma più alta e soddisfacente di auto-mutuo aiuto tra le famiglie.
Aiutarsi reciprocamente a creare una realtà lavorativa che salvaguarda il diritto all’adultità del proprio congiunto è per la famiglia fonte di tranquillità che si tramuta in nuove opportunità di “libera” riorganizzazione della propria esistenza.
La reale efficacia di “aiuto” dell’intervento a favore dei propri cari riguarda il fatto di sentirsi davvero “aiutati” non tanto e non solo per il fatto di avere qualche ora di “libertà”, quanto piuttosto per il fatto di sapere che chi amiamo ha il suo giusto posto nella vita e non solo nel progetto di vita.
Il valore aggiunto di “Chopin” è quello dell’integrazione, intesa come esercizio attivo dell’auto-mutuo aiuto tra le famiglie e tra le famiglie e la rete territoriale dei servizi.

 

1. Finalità del Progetto

  • 1.1. La progettazione di un laboratorio rivolto a persone disabili deve necessariamente far riferimento al sistema di valori attorno ai quali si contestualizza l’attività lavorativa, rivolgendosi all’indispensabile importanza dell’essere e sentirsi riconosciuti dagli altri.
  • 1.2. Il laboratorio rappresenta pertanto uno dei mezzi, quale strumento operativo, in un percorso finalizzato all’autorealizzazione.
  • 1.3. Condividere questo aspetto fondamentale significa riconoscere e cogliere la funzione di un processo formativo-educativo che, attraverso l’abilitazione e l’apprendimento di tipo lavorativo, pone quale elemento centrale il progetto per la persona e della sua famiglia.
  • 1.4. Le finalità affidate al Progetto Chopin per il miglioramento della qualità della vita della persona sono molteplici:
    • 1.4.1. Incentivare la logica dell’occupazione lavorativa della persona disabile adulta
    • 1.4.2. Promuovere l’autoaffermazione e l’autostima delle persone disabili
    • 1.4.3. Incentivare l’inclusione delle persone disabili nelle reti naturali di socializzazione
    • 1.4.4. Offrire alle persone disabili la possibilità di spendere i propri apprendimenti nella vita quotidiana
    • 1.4.5. Promuovere la consapevolezza del ciclo produzione-vendita: coinvolgimento nella fase di vendita, oltre che nel ciclo produttivo e di riscontro economico in relazione alle capacità impiegate.
    • 1.4.6. Sviluppare le capacità di autocontrollo emotivo e di resistenza alla frustrazione in relazione alle diverse circostanze e richieste che il contesto propone.
    • 1.4.7. Favorire i rapporti di reciproca collaborazione tra associazioni di familiari e associazioni di volontariato
    • 1.4.8. Favorire la partecipazione attiva delle famiglie alla costruzione del progetto di vita soprattutto di quelle che fanno fatica a partecipare ad iniziative di tipo mutualistico.
    • 1.4.9. Individuare punti di incontro tra professionalità e creatività nella realizzazione di esperienze occupazionali innovative
    • 1.4.10. Potenziare la rete dei servizi e le connessioni al suo interno
    • 1.4.11. Sollevare le famiglie da impegni di sorveglianza, almeno per parte della giornata
    • 1.4.12. Favorire la costruzione di comunità accoglienti e educanti.

 

2. Settore di intervento

  • 2.1. Attraverso il Progetto Chopin si intende realizzare una forma sperimentale e creativa di collaborazione tra associazioni di familiari e di volontariato, mondo della cooperazione sociale e amministrazioni comunali per favorire l’occupazione lavorativa delle persone disabili in età adulta e migliorare la qualità della vita loro e delle loro famiglie.
  • 2.2. La supervisione scientifica, l’impiego di volontari adeguatamente formati; l’impegno costante delle famiglie nell’ideazione e nella gestione del Progetto, la collaborazione esperienza occupazionale flessibile alle esigenze del singolo utente e, di riflesso della sua famiglia.
  • 2.3. L’esperienza si integra coi servizi per adulti esistenti sul territorio (CSE; CDD, SFA, Spazio Autismo, Laboratori ergo-terapici,…) in uns logica di rete, pur non sovrapponendosi ad essi per i contenuti e gli obiettivi , con l’auspicio di fattive collaborazioni e connessioni con i servizi medesimi.

 

3. Destinatari del Progetto

Le persone disabili, cui si rivolge il Progetto Chopin, sono persone per le quali, in relazione alle diverse tipologie di problematiche e disabilità, è accertata l’opportunità di attivare un programma di intervento mirato in ambito occupazionale e lavorativo.
Queste persone possono essere degli adolescenti in uscita dal percorso scolastico o degli adulti. Alcuni possono non essere in grado di accedere ad una formazione professionale finalizzata all’inserimento lavorativo vero e proprio, altri possono abbisognare di un periodo di preparazione per potersi integrare nel mercato del lavoro; altri possono avere bisogno di specifiche attività con significato occupazionale o di socializzazione, pur frequentando un CSE o altra struttura; altri ancora possono necessitare di un progetto individualizzato perchè non trovano altre collocazioni adeguate per loro sul territorio di appartenenza.
Nell’ottica del Progetto “Chopin”saranno accolte fino a quindici persone con disabilità motoria, intellettiva e sensoriale con diverso livello di funzionamento cognitivo.

 

4. Descrizione sintetica del Progetto

Il progetto prevede una programmazione triennale

  • 4.1. Il primo anno, 2010/2011 (start-up) è sperimentale e vedrà l’avvio dell’attività con l’acquisto del materiale, l’allestimento del negozio e delle serre, la presa in carico degli utenti, la formazione dei volontari, degli operatori e delle famiglie; l’attivazione delle fasi di produzione e di successiva vendita.
  • 4.2. Il secondo anno sarà di consolidamento e di programmazione in seguito alle prime verifiche effettuate.
  • 4.3. Il terzo anno il progetto dovrebbe raggiungere la piena autonomia ed i relativi collegamenti con la rete, nonche` il potenziamento e la messa a regime degli inserimenti.
  • 4.4. L’apertura del servizio è in previsione per Gennaio 2011.
  • 4.5. Le attività prescelte sono attività di floricoltura, orticoltura e vendita dei prodotti. Si tratta di occupazioni che, per alcune loro caratteristiche, ci pare possano adattarsi alle esigenze delle persone disabili adulte.
  • Ad attività che si svolgeranno all’aperto, si alterneranno attività da compiersi all’interno della struttura, in modo da rispondere alle esigenze di ciascun utente in modo adeguato e flessibile sia alle condizioni personali, sia alle evenienze atmosferiche.
  • 4.6. L’attenzione degli operatori salvaguarderà i diversi ritmi produttivi degli utenti assicurando loro opportuni momenti di stacco e di pausa e, parallelamente, il lavoro degli ospiti si integrerà con quello dei volontari.
  • 4.7. L’attività produttiva occuperà a turno 4/6 utenti al mattino e 4/6 utenti al pomeriggio, mentre l’attività di vendita impegnerà con turnazione 4 lavoratori alla mattina e 4 lavoratori al pomeriggio.
  • 4.8. La vendita sarà per parte stanziale (negozio), per parte ambulante(mercati).
  • 4.9. Il servizio funzionerà 5 giorni alla settimana, da martedì a sabato, per un totale di 8 ore al giorno. 4 al mattino e 4 al pomeriggio, senza servizio mensa.
  • 4.10. Esigenze di turnazione impongono che gli utenti non siano impegnati tutti i 5 giorni della settimana e questo aspetto andrà valutato anche in considerazione del progetto individuale.
  • è interesse del progetto quello di espandersi in modo da garantire la migliore occupazione degli utenti, anche in termini quantitativi (tempi di permanenza in servizio).
  • 4.11. Un elemento che contraddistingue il progetto “Chopin” riguarda la sua apertura rispetto ai vari gradi di compromissione degli utenti, nel senso che alcuni posti rimangono riservati a persone con limitato funzionamento intellettivo, autismo e disturbi generalizzati dello sviluppo.
  • Questo approccio apre l’accesso al lavoro anche a chi può gestirne solo dei “piccoli pezzi” e ha comunque bisogno di una preparazione specifica e altamente strutturata per poterlo fare.
  • 4.12. La possibilità di lavorare all’aria aperta inoltre si adatta alle esigenze di chi mal tollera lunghi periodi di staticità e ha bisogno di scaricare la tensione dovuta a difficoltà di tipo relazionale.
  • Per gli utenti che sono maggiormente in grado di gestire dinamiche relazionali ed emotive il lavoro di produzione e vendita aggiunge consapevolezza rispetto ai procedimenti lavorativi nella loro interezza e consente la generalizzazione degli apprendimenti.
  • 4.13. Per tutti gli utenti il lavoro, adeguatamente supportato, dovrebbe determinare un generale miglioramento delle capacità intellettive e in funzione di questo, della qualità della vita loro e dei loro familiari.
  • 4.14. è impegno del progetto quello di fronteggiare le esigenze concrete che dai vari punti di vista (formativo, produttivo, di vendita) si verranno a determinare contemperando criteri di opportunità e gestione responsabile delle risorse, avendo sempre in mente che deve essere garantita la stabilità del servizio a tutela della qualità della vita degli utenti.

 

5. Modalità di realizzazione

  • 5.1. L’attività lavorativa verrà intrapresa a Villa d’Adda, presso la struttura di Via S.Martirio.
  • 5.2. La struttura è disposta su due piani (piano inferiore in muratura e superiore in vetro acciaio) di circa 50mq. ed è circondata su tre lati da un camminamento tipo balcone di circa 1.5 m. di larghezza.
  • 5.3. Dispone di parcheggio per 8 posti auto.
  • 5.4. L’accesso è senza barriere architettoniche, dispone di un servizio igienico per disabili.
  • 5.5. Alla struttura è annesso (adiacente) un terreno di pertinenza di circa 500mq. a livello di marciapiedi.
  • 5.6. Saranno impegnati nelle attività quindici utenti con occupazione part-time da martedì a sabato.
  • 5.7. Le occupazioni prescelte per la fase incipiente del Progetto sono quelle di floricoltura, orticoltura e vendita dei prodotti.
  • 5.8. I livelli tecnici di intervento sono tre e sono complementari e allo stesso tempo coincidenti.
    • 5.8.1. Un primo livello (linea formativa/abilitativa) si occuperà più propriamente dell’abilitazione, della formazione e dell’addestramento di tutti quei soggetti che in seguito verranno inseriti nel successivo livello produttivo.
    • In questo modo verrà assicurata l’attenzione ai diversi tempi e modalità di apprendimento della singola persona disabile senza ostacolare o appesantire il ciclo produttivo in quanto tali soggetti verranno lasciati autonomi solamente quando avranno dimostrato di poter eseguire correttamente le mansioni assegnate.  Tale livello formativo/abilitativo e rieducativo avrà, inoltre, il compito di studiare, in collaborazione e su indicazioni del livello produttivo, le modalità più opportune (attraverso tecniche di job-analysis) per rendere più agevole l’acquisizione delle necessarie competenze da parte del soggetto disabile e rendere conseguentemente più facile il passaggio nel livello produttivo attraverso specifiche procedure di jobcoaching. Sarà, quindi, la linea produttiva a fornire indicazioni alla linea formativa riguardo ai lavori e alle mansioni da insegnare come occasioni di apprendimento per l’abilitazione degli utenti.In questa fase sarà preponderante l’intervento degli educatori e degli istruttori che dovranno attuare specifici training di apprendimento.
    • 5.8.2. Un secondo livello (linea produttiva) si occuperà direttamente della produzione nelle diverse articolazioni. Tale livello avrà il compito di studiare la più proficua organizzazione del lavoro sulla base delle necessità e delle risorse disponibili al fine di garantire risposte soddisfacenti ai diversi committenti.Questa linea vedrà impegnati, oltre agli utenti del primo livello, i volontari che avranno il compito di affiancare e sostenere la linea produttiva, connessi con l’applicazione e la realizzazione dei programmi abilitativi individualizzati attuati con gli utenti.
    • 5.8.3. Un terzo livello (linea marketing) avrà il compito di promuovere i prodotti realizzati dalla linea produttiva apportando le opportune correzioni derivanti dalle necessità emergenti dall’analisi del mercato commerciale. Eventualmente, sempre basandosi su indagini di mercato, potrà indicare nuovi prodotti da realizzare attraverso specifiche attività di job-searching. Le modalità per la realizzazione di tali nuovi prodotti saranno appositamente studiate con l’applicazione di specifiche procedure di job-analysis e in stretta collaborazione con la linea formativa. Deve essere ancora una volta sottolineato che momento fondamentale di tutto ciò risulta essere la predisposizione di piani di intervento individualizzati che tengano in debita considerazione da un lato le capacità possedute dalla persona disabile, dall’altra le abilità richieste da una determinata mansione lavorativa. Il corretto equilibrio tra questi due fattori è la garanzia per un efficace processo di integrazione lavorativa.

 

6. Modalità di accesso al servizio

Per accedere al servizio è necessario predisporre un progetto individualizzato in collaborazione con l’Assistente Sociale del proprio Comune di appartenenza, in accordo con la persona disabile, la sua famiglia, gli specialisti che hanno in carico la persona, il referente scientifico del Progetto e il responsabile del servizio

 

7. Rapporto con le famiglie

  • 7.1. Il progetto Chopin nasce sul terreno della convergenza di interessi e aspettative di un gruppo di famiglie con figli disabili, che fanno parte di alcune associazioni di familiari operanti nel settore della disabilità.
  • 7.2. In un’ottica di partecipazione, le famiglie ideano il progetto; cercano collaborazioni per poterlo realizzare; si impegnano attivamente nella gestione del progetto; credono nella necessità del disabile di essere considerato una persona adulta e si spendono perchè la rete dei servizi si orienti in questo senso.
  • 7.3. Il coinvolgimento attivo della famiglia nella determinazione del proprio destino è la musica che risuona in tutto il progetto Chopin, consapevoli che nemmeno l’amore, da solo, raggiunge tutti i risultati.
  • 7.4. L’aiuto e il coinvolgimento della rete dei servizi è fondamentale, nell’ottica che il gioco vincente è il gioco di squadra.
  • 7.5. Questo coinvolgimento attivo e responsabile ispirerà i rapporti degli operatori con le famiglie, considerate parti attive del processo di crescita del proprio figliolo/a e parti attive della gestione e crescita del progetto nel suo complesso.
  • 7.6. Questo coinvolgimento attivo interesserà le famiglie intese come gruppo all’interno delle logiche formative e organizzative che emergeranno durante l’attivazione dell’esperienza lavorativa.
  • 7.7. Le famiglie sono una delle colonne portanti del progetto Chopin.
  • 7.8. Caratteristica fondamentale del servizio è la promozione di occasioni di scambio e sostegno tra le famiglie.

 

8. Rapporto con il volontariato

  • 8.1. Il rapporto con il volontariato contraddistingue il lavoro nelle associazioni di familiari e per questo viene collocato all’interno del Progetto Chopin come tassello insostituibile.
  • 8.2. A livello tecnico il volontario è colui che assolve il ruolo di affiancamento e sostegno della linea produttiva; in realtà la presenza del volontario ha una valenza ben più preziosa nel duplice senso di consentirgli di integrarsi con la persona disabile e di trasferire nel contesto comunitario di appartenenza la cultura dell’accoglienza del diverso. Certamente per stare al fianco della persona disabile possono rendersi indispensabili accorgimenti tecnici che il volontario deve conoscere per poter entrare in relazione.
  • 8.3. Sarà cura del Progetto Chopin la formazione responsabile del volontario e l’ascolto del medesimo come fonte di informazioni utili ad orientare la conduzione cooperata del lavoro.
  • 8.4. La presenza del volontario nella linea produttiva e di vendita è una delle direzioni della relazione tra la persona disabile e la sua comunità di appartenenza, in quanto porta la comunità dentro il servizio.
  • 8.5. I mercati rappresentano l’altra direzione del rapporto tra il disabile e la comunità di appartenenza, nel senso che portano il servizio dentro la comunità.

 

9. Lavoro di rete

  • 9.1. La sinergia ricercata e realizzata tra i diversi partners coinvolti nel Progetto Chopin è certamente un’importante ed innovativo risultato di compartecipazione nella progettazione e gestione di un servizio rivolto alle persone disabili nel territorio dell’Isola Bergamasca e Bassa Val S.Martino.
  • 9.2. Di estrema importanza la motivazione che ha mosso ciascun partner alla ideazione e alla gestione del progetto “Chopin”.
  • 9.3. Il Forum delle Associazioni ha rivestito un importante ruolo di promozione del processo che ha condotto all’ideazione e messa in campo del progetto “Chopin”. Da un punto di vista teorico il Forum delle Associazioni sostiene da sempre la necessità di dar vita ad esperienze socio-occupazionali-lavorative per le persone disabili adulte e in uscita dalla scuola. Richiesto di collaborare e di garantire l’iter di realizzazione del progetto “Chopin” pertanto il Forum non poteva che rispondere positivamente, mettendo in campo la propria attitudine a mettere insieme le forze e a fare gioco di squadra allo scopo di concretizzare i progetti di vita delle persone disabili e delle loro famiglie.
  • 9.4. L’A.Ge, Associazione Italiana Genitori Provinciale Bergamo, ha accolto con forte interesse la proposta di collaborazione al Progetto Chopin soprattutto in virtù di alcune finalità del proprio statuto relative al sostegno delle famiglie, in modo particolare di quelle con fragilità. Alcune sue sedi dell’ambito territoriale, conducono già da anni progetti di sollievo per le famiglie con persone disabili e proprio in tali occasioni, durante le conversazioni informali, è emersa chiara la necessità di vedere includere i propri figli nella società, soprattutto dopo la realtà scolastica, con pari dignità dei normodotati. 9.5. La caratteristica del Progetto Chopin è che è una delle poche sperimentazioni non “subite passivamente”, ma ideato dalle stesse famiglie che comprendono e vivono le difficoltà quotidianamente. Genitori propositivi che si sono raccolti in organizzazioni, creato rete, testimoniando consapevolezza dell’importanza del proprio ruolo educativo.

 

10. Risorse impiegate

  • 10.1. Il Progetto “Chopin” prevede per il funzionamento della propria attività e l’attuazione del programma educativo-riabilitativo le seguenti figure professionali:
    • 10.2. 1 Responsabile del servizio che coordina il corretto funzionamento delle attività previste dal Progetto (full time)
    • 10.3. 3 Educatori responsabili dell’ attuazione dei programmi individualizzati (part-time)
    • 10.4. 1 Referente scientifico per la definizione, supervisione e verifica dei progetti individualizzati
    • 10.5. 3 Volontari al mattino + 1 al pomeriggio

 

11. Benefici attesi

I benefici attesi riguardano:

  • 11.1. Il miglioramento della qualità della vita degli utenti e delle loro famiglie
  • 11.2. Il sostegno e sollievo alle famiglie consentendo loro spazi di ripresa e di riorganizzazione nei momenti in cui i loro figli saranno al lavoro
  • 11.3. La certezza di non essere soli a dover affrontare le criticità, ma sostenuti da un’intera comunità
  • 11.4. L’allargamento progressivo della rete e delle collaborazioni/sinergie tra le famiglie e con gli attori istituzionali coinvolti.
  • 11.5. Il fatto che il progetto diventi un nodo significativo nella rete delle opportunità rivolte ai soggetti disabili

 

12. Verifica del Progetto

  • 12.1. La verifica è la fase del progetto rivolta ad analizzare l’efficacia delle azioni rispetto agli obiettivi a breve, medio e lungo termine del progetto Chopin.
  • 12.2. I tempi e le modalità di verifica saranno preventivamente concordati tra gli operatori in relazione alle esigenze individuali e collettive degli utenti e in ragione delle esigenze di organizzazione del lavoro e del servizio.
  • 12.3. Il contenuto delle verifiche periodiche sarà accuratamente documentato e, per quanto di pertinenza dei progetti individuali, fatto pervenire alle singole famiglie a tempi preventivati.
  • 12.4. Sarà cura del supervisore scientifico predisporre tempi e modalità di conduzione e documentazione delle verifiche sull’andamento dei progetti individuali.
  • 12.5. I risultati delle verifiche saranno confrontati e valutati attraverso incontri tra gli operatori, riunioni di supervisione con gli operatori, incontri degli operatori con gli utenti e le loro famiglie, questionari rivolti agli utenti e alle loro famiglie. Le attività di verifica si svolgeranno integrando la prospettiva di tutti i ruoli coinvolti

 

13. Documenti